ISTROVENETO E ISTRIANITA’
Il recupero della lingua istro-veneta non è fine a se stesso, ma va perseguito perché può svolgere ancora una funzione vitale per la futura e intera comunità istriana.
Lo si può riscontrare dalla “Strategia culturale istriana 2014-2020” documento regionale che definisce gli obbiettivi concreti dello sviluppo culturale della regione istriana.
Per cui l’istituzionalizzazione dell’identità istriana implica la conservazione dell’istro-veneto come koinè della cultura della penisola.
ISTRIANITA’
A partire dalla fine di febbraio 1968 ho intrapreso con il ritorno in Istria la riscoperta della mia istrianità: il ritmo antico delle stanzie, della civiltà sia cittadina che campagnola determinata dai mille anni della Serenissima e dal cosmopolitismo asburgico.
Una “way of life” ricca di tradizioni vive ed originali dovute all’incontro dell’occidente con l’oriente e con una popolazione fiera e semplice, di confine.
L’istro-veneziano già lingua franca nell’adriatico orientale nei secoli aveva raggiunto livelli espressivi di primo livello e tale da assumere insieme alla variante triestina un ruolo di lingua fondamentale , nella marineria mercantile e militare dell’impero austro-ungarico.
Dopo questo periodo, in questo ultimo secolo, si è assistito alla sua continua erosione.
Le responsabilità vanno attribuite ad un fascismo impegnato a cancellare la cultura istro-veneta a favore di una “italianità” artificiosa.
Dopo la seconda guerra mondiale e fino a i nostri giorni i governi che si sono alternati in Istria, negando la storia regionale, hanno contribuito all’impoverimento della linguamadre, sostenuti da coloro che hanno imposto il bilinguismo italo-croato, eliminando l’istro-veneto .
Ogni volta che frequento a Pola gli ospedali, i centri di pronto soccorso, i tribunali non trovo le indicazioni in istro-veneto.
Del resto mancano anche in italiano (poco male).
Mi è capitato di incontrare in questi luoghi e, in genere, negli enti pubblici e nelle banche anziani smarriti perché gli addetti si esprimevano in croato e in inglese.
E che dire del sistema scolastico istriano che prepara gli insegnanti della comunità italiana formati esclusivamente in istituti italofoni?
Comunque nonostante i programmi ministeriali che lo proibiscono docenti orgogliosi dell’eredità culturale istro-veneziana utilizzano la lingua-madre nella loro comunicazione con gli allievi.
Non si tratta di ingaggiare una “battaglia di retroguardia”.
Fin dal 1949 l’UNESCO ha proclamato al livello globale la “Giornata internazionale della lingua-madre” che ha lo scopo di “promuovere la diversità linguistica e culturale e il multi-linguismo per cui la “cultura della pace” può fiorire solo dove ognuno può comunicare nella propria lingua, in ogni momento della sua vita.
La pedagogia moderna più avveduta ritiene che la lingua materna e suoi valori siano i succhi vitali che fanno crescere i bambini senza correre il pericolo di essere messi fuori dal tempo e dallo spazio dalla loro vita.
Non coltivando la lingua-madre si esercita ingiustificata violenza sui bambini, li si strappa al nucleo famigliare di origine e si trasforma in un campo di rovine la loro prima conoscenza del mondo (vedi omelia di Papa Francesco 7-1-2018).
Un bambino circondato da persone che svalutano la lingua di partenza perché la credono inutile e superata, come spesso accaduto in Istria e ancora accade crescerà meno motivato a parlare.
Lo sradicamento dalla lingua madre e dalla cultura del territorio lo rende insicuro, impacciato sia culturalmente che linguisticamente.
E c’è di più. La presenza della lingua materna sono elementi indispensabili di arricchimento, di addizione e non di sottrazione che non “disturbano” anzi, favoriscono lo sviluppo comunicativo perché agiscono positivamente nelle psico-dinamiche dello sviluppo.
L’UNESCO non si limita a vuote enunciazioni, ma si impegna alla tutela, protezione delle lingue in pericolo di estinzione.
Tutto questo seguendo una saggezza antica istriana che parlando della lingua madre la definisce perfettamente “ Xe quela che se ciucia (succhia) col late dela mama e se scolta cole favole de la nona, xe la lingua dell’amor e del dolor”.
Sul piano pratico non mancano iniziative parziali che valorizzano l’uso della lingua madre come quella intrapresa nel capodistriano dalla comunità autonoma della nazionalità italiana che ha richiesto la registrazione dell’istro-veneto come “bene culturale” immateriale di importanza nazionale”.
Il risultato è il Festival istro-veneto con il concorso letterario giunto, nel giugno 2017, alla sesta edizione.
Si tratta di iniziative ancora distanti dagli standard di difesa delle lingue in pericolo di estinzione.
Il recupero in Istria della lingua madre non è utopistico. Va realizzato anche per tutti gli esuli che ritornando considerano l’istro-veneziano un bene prezioso che, come sostiene Guido Miglia, riesce a tramandare “un costume di vita e un tono morale che rientra nelle nostre tradizioni secolari”
A questo proposito accennerò ad iniziative che hanno realmente permesso di recuperare lingue avviate a estinguersi.
LINGUE CELTICHE
Jean Markale profondo conoscitore dell’epopea celtica afferma che l’occidente alla ricerca di un nuovo umanesimo deve recuperare, contro il giogo culturale greco latino,i valori celtici.
Il “gaelico” (vedi “Goodmorning Londra”) nonostante fosse stato marginalizzato nelle isole britanniche e nel nord della Francia, fece dell’Irlanda un faro di civiltà.
La schizofrenia e la violenza anglo-sassone : inglese completarono l’opera distruttrice delle culture romane e germaniche.
In Inghilterra la sensibilità celta condizionò la letteratura inglese. Swift, Wilde, Joyce, Beckett, ne sono l’espressione.
In altri termini, il gaelico ha regalato alla moderna cultura occidentale le emozioni della sua essenza, non soltanto antica.
In Irlanda, Scozia e Galles la sua vitalità è stupefacente.
In Irlanda si insegna nelle scuole e nelle università.
La sua scrittura come riporta Markale “è quella degli antichi manoscritti dell’epoca d’oro dei monasteri, unificata e codificata”.
Con notevoli capacità di sviluppo viene utilizzata nei giornali e riviste.
Il gaelico di Scozia chiamato “gaidhelach” è parlato nelle highlands e nelle isole.
Non va confuso con il dialetto scozzese che, come avviene con l’istro-croato nei confronti della lingua croata, è una deformazione dell’inglese.
E’ insegnato nelle scuole e trasmesso per radio.
L’esistenza più fortunata delle lingue celtiche è stato il gallese chiamato come “cymrdeg” da sempre parlato ed insegnato, nel Galles.
Il suo isolamento geografico ha permesso alla lingua di evolversi in modo naturale.
La sua letteratura è sempre stata fiorente e la sua università di Galles ha tuttora rinomanza internazionale.
Accanto alla lingua letteraria esiste un lessico popolare frammentato in quattro dialetti.
Il bretone del nord della Francia è la lingua celtica più diffusa e, nello stesso tempo più fragile per l’inesistenza di una sua letteratura.
DEFICIT E POTENZIALITA’ DELL’ISTRO-VENETO
La scuola istro-veneta ha rivelato, nonostante la precarietà socio-politica del territorio uno spessore culturale eccezionale dovuto alla presenza di una produzione letteraria ricca.
E’ incredibile come una comunità ristretta sia stata in grado di imporsi culturalmente al pari di comunità più consistenti, demograficamente.
Avrebbe, quindi, la capacità di rinvigorire l’istro-veneto.
E’ chiaro che se la scuola promuovesse la parlata istro-veneta, se cominciasse a introdurla a piccole dosi nella programmazione, nella materna, all’asilo e alle elementari , in 15-20 anni farebbe entrare nelle aule l’intero universo culturale istriano. Dalla cultura materiale alla culturale immateriale, dalla geografia alla storia, delle origini all’oggi. Con la linguamadre vi entrerebbero gli uomini istriani più famosi: poeti, scrittori, storici, letterati, vescovi, giuristi, scienziati, medici, che comunque hanno fatto la storia dell’Istria arricchendola con la loro opera.
La lingua non dovrebbe limitarsi ad essere lo strumento di una cultura vetero-locale, ma potrebbe evolversi utilizzando la cultura già acquisita dall’istriano medio inserito nel circuito europeo.
LINGUAMADRE E ISTRIANITA’
Nonostante l’esodo drammatico e lo sradicamento quasi totale del gruppo istro-veneto il gruppo croato, riscoprendo le tracce veneziane della sua cultura, nel suo “way of life” ha utilizzato l’istro-veneto in questo liberato come si sostiene in “Italiano con la coda” “dai “complessi di etnia subalterna” a quella italiana che lo avevano condizionato pesantemente nel periodo fascista.
Al mercato di Pola i venditori istro-croati si esprimono in istro-veneto anche nei loro rapporti, come, del resto, i rimasti istro-veneti utilizzano frequentemente il dialetto istro-croato.
La guida turistica S’turistickimi pslovnim vodikem, redatta per i turisti croati continentali in visita in Istria contiene un vocabolario istro-croato di circa cento vocaboli di uso corrente che derivano dall’istro-veneto; iniziando da “antipast” per arrivare a “zurnada”.
Il prestito istro-veneto avviene in “alto e in basso” per cui quando si parla di architettura si va da atika (attico) baldahin (baldachino) a stukatura, tabernakul, a villa rustica.
La civiltà istro-veneta derivava dalle comunità costiere . Il lessico derivante dalle professioni marittime e dall’ittica è stato esclusivamente istro-veneto, ma ciò non toglie che sia stato adottato totalmente dall’area istro-croata.
Da “Italiano con la coda” al mercato del pesce di Parenzo , località con una presenza del gruppo istro-veneto ridotta ai minimi termini, alcuni pescatori croati dell’area quarnerina, all’inizio degli anni novanta , esponevano il loro pescato con la dicitura croata.
I clienti locali, all’inizio, evitavano di comprarlo.
Qualche mese più tardi mi è capitato di notare che le diciture erano cambiate in istro-veneto.
I parenzani furono cosi invogliati a rivolgersi ai quarnerini.
Anche nel lessico riferito all’agricoltura la presenza istro-veneta testimoniata da: ombolo, panceta e prsut (prosciutto), è evidente.
E che dire della fjaka (fiacca) che immobilizza i maschi istriani colpiti dallo stress da scirocco e “inabilitati” a svolgere qualsiasi attività?
L’operazione di recupero non potrà compiersi senza un informazione radio televisiva attualmente ridotta ai minimi termini se si considera che radio Fiume trasmette in italiano un’ora al giorno e radio Pola per 40 minuti.
Per recuperare la linguamadre l’informazione dovrà essere adeguata al livello dei migliori standard europei.
COMUNITA’ ITALIANA E OLIGARCHIA
Ritengo che confluire “sic et simpliciter” da parte della comunità istro-veneta nella Dieta Istriana comporti la rinuncia a costruire una nuova “istrianità”.
In ogni caso per una reale rinascita della Comunità Italiana non basterà recuperare la lingua madre, ma sarà necessario liberarsi da un’oligarchia che attanaglia la Comunità .
E’ necessario sostituire l’attuale establishment e fare emergere nella comunità forze nuove in grado di coinvolgere democraticamente l’intero gruppo.
Remo Calcich
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